Autostrade: c’è poco da esultare, Brebemi è un disastro

Autostrade: c’è poco da esultare, Brebemi è un disastro
di Gianni Barbacetto

Taglio del nastro ai tempi del renzismo: il 23 luglio il presidente del Consiglio è arrivato in Lombardia, con un gran sorriso in faccia e le forbicione dorate in mano. Per inaugurare la Brebemi. È la nuova autostrada A35, iniziata 18 anni fa e poi inserita nel lungo elenco delle mirabolanti promesse dell’Expo. È la direttissima Milano-Brescia, che offre un’alternativa alla trafficatissima A4 Milano-Bergamo-Brescia.

“Non ci fermeranno”, grida Matteo Renzi al microfono. Si riferiva ai gufi e a quelli che fanno ostruzionismo al Senato. Ma chi percorre la nuova autostrada viene fermato, eccome: se provenendo da Milano vuole proseguire verso Venezia, arrivato nei pressi di Brescia deve infilarsi in una strada provinciale o perdersi in tracciati che sono ancora dei cantieri. Così nella prima settimana pochi hanno usato la nuova autostrada (18mila autoveicoli al giorno, contro i 60mila previsti).

E ti credo! È più corta della vecchia (82 chilometri contro 91), ma costa di più (pedaggio auto: 12,40 euro contro 6,30; pedaggio Tir: ben 43,10 euro contro 17,60).

È l’autostrada più cara d’Italia. In compenso – da non crederci! – chi la sceglie per coprire il tratto Brescia-Milano impiega più tempo. La prova l’ha fatta il Corriere della sera: con la vecchia “Serenissima” ci si mette 58 minuti, con la nuova A35 ben 1 ora e 17 minuti. Attenti comunque a partire con il carburante nel serbatoio e a non avere né fame né sete né altri bisogni: sulla nuova meraviglia della viabilità lombarda, unica promessa dell’Expo finora mantenuta, non c’è né un autogrill né un distributore di benzina. In entrambi i sensi di marcia, le gare sono andate deserte perché gli impianti non sono considerati remunerativi. L’unica soddisfazione è che si può correre come matti: poco traffico e niente cartelli, niente controlli, niente autovelox, niente safety tutor. Eppure il rito del taglio del nastro è stato celebrato in gran pompa, con Renzi più brillante del solito che ha parlato di politica romana e ha fatto nuove promesse (“Porteremo 22mila nuove aziende a investire all’estero e faremo crescere di un punto il Pil, da qui alla fine del progetto dei mille giorni”). Il presidente di Brebemi, Franco Bettoni, era addirittura commosso. Aveva gli occhi umidi e alzava le mani al cielo facendo il segno della vittoria. “Non ci credeva nessuno, ma ce l’abbiamo fatta”, ha dichiarato. Per poi aggiungere, in anglo-lombardo: “Abbiamo realizzato la prima opera tangent free”. Chissà.

I costi sono comunque anche qui raddoppiati, da 800 milioni a 1,6 miliardi, che diventano 2,4 miliardi con gli oneri finanziari. Ma è la prima autostrada italiana realizzata in project financing, gongola Bettoni, senza soldi pubblici. In realtà, i soci privati ci hanno messo 520 milioni, un quarto del bottino , il resto è arrivato dalla Cassa depositi e prestiti (che privata non è, ma del Tesoro), dalla Bei (che privata non è, ma dell’Unione europea) e dalle banche italiane, prima fra tutte Intesa. I soci privati incassano subito i pedaggi (altissimi) e hanno chiesto un prolungamento di 10 anni della concessione attuale (20 anni) per arrivare a 30.

Inoltre hanno chiesto al Cipe una defiscalizzazione da 500 milioni: dunque vanno subito in pari. Questa è “l’eccellenza lombarda che risponde a un decennale bisogno collettivo di trasporto”, ha dichiarato il presidente della Regione Roberto Maroni. Contento lui…

Fonte: Il Fatto Quotidiano, 31 Luglio 2014