Milano, l’ombra delle tangenti sulla Pedemontana: sede perquisita, manager interrogati

Nel mirino di tre pm della Procura di Milano c'è l’assegnazione a Strabag dell’appalto da 1,7 miliardi per la Varese-Lecco. L'inchiesta per ora è a carico di ignoti. Cantone aveva già sottolineato anomalie
di EMILIO RANDACIO

In termine tecnico, si chiama 'ordine di esibizione'. In parole meno burocratiche, la Procura ha puntato un faro su uno degli appalti più discussi, ma anche più succosi - 1,7 miliardi di euro - per la costruzione della Pedemontana. L’ipotesi è che dietro l’assegnazione di questo appalto, si siano pagate mazzette.

La mossa programmata dai pm Paolo Filippini, Roberto Pellicano e Giovanni Polizzi, si è concretizzata con una pattuglia di militari del Nucleo di polizia tributaria che si è presentata di buona ora nella sede di Pedemontana ad Assago. Nello stringato documento si spiega anche lo scopo: scoprire «lo stato di realizzazione dei lavori aggiudicati alla società Strabag», ma anche riscontrare la reale «effettiva operatività dei cantieri».

L’ipotesi d’accusa di corruzione al momento è contro ignoti. Gli investigatori, però, ieri hanno già ascoltato in veste di testimoni l’amministratore delegato di Pedemontana, Marzio Agnoloni, il presidente, Salvatore Lombardo, il responsabile dell’ufficio legale e di quello tecnico. Nel mirino la gara per il lotto 2, la tratta che dovrebbe connettere Varese e Como fino al valico di Gaggiolo. Settantacinque chilometri di tracciato. Gara vinta nel luglio del 2011 da un pool di imprese guidate dall’austriaca Strabag, affiancata da Grandi Lavori Fincosit, Adanti e l’onnipresente Maltauro, già invischiata nei lavori Expo.

I primi dubbi sull’aggiudicazione del lotto risalgono al dicembre 2013, quando il Tar accoglie il ricorso presentato dal gruppo di aziende secondo classificato, guidato da Impregilo, risarcita per 21,9 milioni di euro per l’esclusione dall’appalto. La capofila Strabag, secondo il ricorso, avrebbe ottenuto i lavori effettuando uno sconto da 600 milioni di euro rispetto alla base d’asta, apportando poi modifiche al progetto.

Non basta. Nel marzo scorso è stata l’Autorità nazionale anticorruzione guidata da Raffaele Cantone, a rilevare un lungo elenco di anomalie nell’assegnazione a Strabag dei lavori. L’ultima «richiesta di informazioni» risale al 3 marzo scorso, quando Cantone scrive all’ad di Pedemontana e per conoscenza al commissario unico Expo Giuseppe Sala.

Nel mirino anche una consulenza per l’affidamento della direzione dei lavori, affidata a Corinne Perotti, figlia di quello Stefano finito in manette un mese fa a Firenze nell’indagine che ha coinvolto anche
Ercole Incalza, ma che soprattutto ha portato alle dimissioni del ministro per le Infrastrutture, Maurizio Lupi. Perotti senior, a capo di Ingegneria Spm, si sarebbe speso per fare ottenere al figlio di Lupi una serie di consulenze. Ora, quel filone, sembra tornare d’attualità nell’ambito milanese. Con i pm che sono alla ricerca di possibili nuove tangenti pagate per non dare fastidio nell’assegnazione dei lavori più imponenti per la struttura di Pedemontana.

Fonte: Repubblica
Data: 5.5.2015